di Marcello De Angelis AREA - Mensile della Destra Sociale - Settembre 2007Fonte: www.area-online.itIn occasione dell’elezione del presidente turco mi trovavo in Turchia. Affascinante leggere le cronache dei medesimi eventi sulla stampa estera - la nostra - e quella turca, ovviamente in lingua inglese, di governo come di opposizione. Ti dà davvero il senso di quanto il mondo non sia affatto un tutt’uno, bensì un difficile coabitare di mondi diversi. La prima cosa che accade trovandosi in Turchia di questi tempi è che i tuoi compagni di viaggio, o occasionali conoscenti, ti chiedano se secondo te la Turchia dovrebbe entrare in Europa o no. Effettivamente se ti trovi ad Istanbul è difficile rispondere di no perché, come usa dire un noto viaggiatore, «sembra la Parigi degli anni Sessanta, ma più pulita e con meno arabi». E già, perché guai a confondere turchi ed arabi, si rischia giustamente il linciaggio.
La maggior parte di quelli che te lo chiedono, comunque, ritengono che la Turchia sia già Europa, perché quello che vedono intorno a sé nelle località turistiche - vedi Bodrum o Marmaris - è uguale, ma molto meglio, di quello che vedono a Torremolinos o in molte località turistiche del Mediterraneo “cristiano”: ragazzi abbronzati coi capelli ingelatinati, belle ragazze in abiti discinti che si esibiscono in spiaggia o in discoteca e poi bar, pub, vinerie e negozi di abbigliamento con le firme che vanno per la maggiore. I più perplessi ti fanno però notare che la Turchia dell’entroterra è un’altra cosa, piena di donne intabarrate e col partito islamico che raggiunge consensi quasi unanimi.
Diventa indispensabile parlare con gli indigeni per capire la visione della politica che hanno loro.
Sono su una barca e chiacchiero con lo skipper. Gli offro da bere e lui declina. Allora chiedo se è mussulmano (domanda sciocca, perché si chiama Mehmet, ma il fatto è che sembra un nordeuropeo e a confronto io sembro un saraceno). Ovviamente risponde che lo è, ma “moderno”. Significa che va in moschea solo per particolari celebrazioni e qualche volta, per esempio se c’è una una festa, va al bar a bere con gli amici. Laico dunque. Chiedo se ha votato per Erdogan. No, risponde, ma ora pensa che il suo governo «farà bene». Non so perché ma, per scherzare, faccio il segno del lupo con la mano e accenno un ululato. Lui sorride entusiasta e ricambia. «Hai votato per i lupi grigi?» chiedo. No, ma per un’altro partito vicino che ha un nome tipo “I figli della madre patria”. Quindi è di destra. Non proprio, perché qui i nazionalisti sono di centrosinistra. Come sarebbe? E sì, perché la divisione in Turchia è tra confessionali e laici, non tra destra e sinistra. E i comunisti? Sono curdi… Va bene… e i socialisti allora? Sono nazionalisti, ci spiega il vecchio Omer, amico di Craxi ma anche di Pertini ed ex console onorario dell’Italia. Omer come Omar? Nossignore, Omer come Omero, non siamo mica arabi. Lo dice anche Mehmet. Gli arabi non gli piacciono, sono fanatici e poi navigando ha visitato i Paesi degli arabi e li trova sporchi e disordinati, non seguono le regole e fanno chiasso. Sembra di sentire uno della Lega che parla dei “terroni”. Noi siamo i discendenti di Afrodite, dice Omer, siamo mussulmani, certo, ma Dio è uno solo e non c’è altro Dio al di fuori di Dio. Intende dire che è lo stesso anche per noi… E il partito islamico allora? Omer assicura che sono come i nostri vecchi democristiani, conservatori e bacchettoni ma pragmatici e non più integralisti di quanto lo fossero Forlani e De Mita con il cattolicesimo. Dei democratici baciapile, insomma, che prendono i voti dalle vecchie di paese che girano col fazzoletto in testa e sgranano il rosario. Girando per i negozi è inevitabile notare che in ognuno spicca qualche foto gigante di Ataturk, specie in quelli tenuti da giovani e giovanissimi. Mustafa Kemal, il Padre della Patria, quasi sempre in smoking e bello come un attore degli anni Trenta, con gli occhi chiarissimi e con la sigaretta in mano. O con un bicchiere di anice, come ci fa notare un giovane barbiere strizzando l’occhio, a dire che non era certo un integralista. Al contrario, qui la Costituzione vieta le commistioni tra Fede e politica. Il capo del partito islamico è interdetto dai pubblici uffici perché ha citato un versetto del Corano durante un comizio. La Costituzione assegna all’esercito la funzione di vigilare sulla laicità della Stato e gli consente un bel colpo di Stato ogni qualvolta ci sia pericolo che la politica si allontani da questi dettami. E quando accade sono gli intellettuali “di sinistra” che invocano l’intervento armato dei generali golpisti… Ma è logico? Certo, assicura Omer, la religione è una cosa preziosa che attiene alla sfera personale, ma c’è una cosa più grande, più importante e più preziosa di qualsiasi altra e che sublima qualsiasi differenza di credo e di opinione: essere Turchi. Si può rinunciare a qualsiasi cosa e ogni cosa può essere discussa, mediata e moderata, solo una cosa è sacra oltre qualsiasi altra: l’amore per la Nazione. Dio è sopra ogni cosa, ma al di sopra della religione c’è solo la Patria e se si è costretti a scegliere…
Per noi sembra tutto un po’ sottosopra ma no, forse siamo noi che leggiamo la politica di tutto il mondo con una lente deformante. Ricordo di aver chiesto ad un palestinese a quale partito appartenesse, visto che l’Olp non era un’organizzazione unitaria ma un vero e proprio parlamento in esilio. Anche il suo movimento aveva un nome suggestivo: “Gli amanti della Patria”. Bello, di destra o di sinistra? Da noi non ci sono la destra e la sinistra, mi disse, sono categorie che avete solo voi in Europa, da noi i distinguo sono altri: ci sono gli amanti della Patria o i traditori della Patria. Tutto il resto sono parole.
La Turchia in Europa? Forse è troppo presto. Non per la religione, ma ci sono problemi economici e di politica internazionale che vanno ben studiati. Ma dire un no secco sarebbe avventato. Anche in questo la proposta di Sarkozy sembra la più assennata: più che un’adesione, meglio l’associazione. Ma studiamoli bene: forse anche da loro abbiamo qualcosa da imparare.