18 anni fa, in un'indimenticabile notte, il crollo del Muro a Berlino apre improvvisamente una nuova fase storica: finisce la guerra fredda, è l'inizio della fine per l'URSS che da lì a poco si sgretolerà. Protagonista di questo momento storico è Giovanni Paolo II che, con il suo messaggio ecumenico, spingerà i popoli dell'Europa orientale a ribellarsi al giogo sovietico.
Noi a destra abbiamo il dovere di ricordare e celebrare degnamente questo giorno come FESTA DELLA LIBERTA' dall'utopia rossa e dal socialismo reale.
Ma è davvero finito il comunismo in Europa e nel mondo?? Assolutamente NO!!!
A casa nostra 2 forze politiche con tanto di rappresentanti in Parlamento e nel Governo nazionale rivendicano sfacciatamente la loro identità comunista (addirittura Diliberto, segretario del Partito dei Comunisti Italiani, vorrebbe portare in Italia la salma di Lenin!). Esistono poi svariate altre sigle, movimenti, associazioni che si richiamano abbastanza esplicitamente al comunismo ed alla sua abietta ideologia.
E poi nel mondo... Cina, Cuba, Corea del Nord, Birmania, molti regimi marxisti-leninisti africani... il comunismo non è morto, ma vive ed è ancora fortemente radicato, celandosi sotto vesti diverse ma con un unico, cinico denominatore comune: violazione dei diritti umani, repressione delle libertà religiose, terrore e repressione!
Quest'anno celebriamo questa data storica concentrando l'attenzione proprio su Cina, Tibet e Birmania.
Le tre questioni, peraltro strettamente correlate per via dell’occupazione cinese nella terra del Dalai Lama e del palese sostegno del regime comunista di Pechino alla giunta militare birmana, portano alla ribalta muri odiosi che non cadono e anzi si rafforzano grazie ai timori e alle connivenze dell’Occidente: violazione dei diritti umani, negazione della libertà religiosa e delle identità culturali, sfruttamento del lavoro e dell’ambiente sono i paradigmi su cui si regge un sistema totalitario che incarna le abiezioni ideologiche e repressive del comunismo e le peggiori degenerazioni del turbo-capitalismo.
Con buona pace dei tanti soloni che parlano della Cina come di una grande opportunità di sviluppo, riteniamo che la destra debba fare della battaglia contro il regime di Pechino una battaglia epocale di civiltà proprio come anni fa i nostri fratelli maggiori fecero contro il comunismo sovietico.
Non contro il popolo cinese, ma per il popolo cinese. Per la sua libertà, per i suoi diritti. E al contempo per quelli dei popoli vicini e dei nostri popoli europei che appaiono indifesi di fronte alla competizione con un Paese in cui si viola qualsiasi regola del mercato del lavoro.
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