Dobbiamo tenere i nervi saldi, senza ricadere nelle sterili dialettiche che, per troppi anni, hanno attraversato senza costrutto il nostro schieramento, in polemiche che i nostri elettori non riescono proprio a capire. Nonostante le irruenti dichiarazioni che riempiono in questi giorni le pagine dei giornali, non possiamo pensare che il centrodestra italiano sia finito. Ma neanche far finta di nulla di fronte alla durissima pressione che, non da oggi, viene esercitata contro Alleanza Nazionale.
Dobbiamo costruire un nuovo equilibrio e, soprattutto, costruire una strategia politica che sia in grado non solo di sconfiggere Veltroni e la nuova sinistra liberal, ma soprattutto di governare l’Italia verso un profondo ed autentico cambiamento. In questa prospettiva il ruolo della destra è indispensabile, sono necessari i nostri valori e i nostri punti programmatici: nessun Centro “moderato” è in grado da solo di dare risposte adeguate alla radicalità dei problemi che abbiamo di fronte.
Dobbiamo costruire un nuovo equilibrio e, soprattutto, costruire una strategia politica che sia in grado non solo di sconfiggere Veltroni e la nuova sinistra liberal, ma soprattutto di governare l’Italia verso un profondo ed autentico cambiamento. In questa prospettiva il ruolo della destra è indispensabile, sono necessari i nostri valori e i nostri punti programmatici: nessun Centro “moderato” è in grado da solo di dare risposte adeguate alla radicalità dei problemi che abbiamo di fronte.
La crisi italiana è molto profonda e si supera solo partendo dal valore dell’identità, declinato a tutti i livelli ed in tutti i contesti. Non basta la libertà, bisogna evocare anche l’identità delle persone, delle famiglie, delle comunità, c’è un disperato bisogno di identità nazionale per governare la globalizzazione. Questi sono valori di destra, che i politici di Centro capiscono solo fino ad un certo punto, ma che possono essere fatti propri da milioni di italiani. E’ la destra sommersa e diffusa il grande motore del cambiamento – sociale, culturale ed antropologico, prima ancora che politico – della Nuova Italia.
Non è quindi per “patriottismo di partito” che respingiamo in modo ruvido e netto il tentativo di comprimere Alleanza Nazionale, lo facciamo perché non si può costruire un nuovo schieramento vincente relegando ai margini quello che la destra rappresenta. Certo, anche noi di An dobbiamo farci le nostre autocritiche e comprendere che oggi non saremmo in questo “passaggio stretto” se non avessimo troppo spesso “dimenticato” la nostra identità, facendo più lavoro culturale e programmatico, curando di più la nostra struttura-partito, riuscendo ad essere più netti e più forti nelle sfide e nelle mediazioni.
Molti di noi si sono illusi che nel “partito unico” del centrodestra tutti i nostri limiti sarebbero stati superati, molti hanno visto la nostra identità di destra come una gabbia da superare, non come una energia da aprire e da dispiegare.
Ma proprio le difficoltà di oggi, cominciate con la scissione di Storace, possono essere la spinta per superare questi errori e questi ritardi. Questo non significa arroccarci dentro noi stessi, rifiutare le alleanze, “vendicarci in ritardo” dei torti subiti. Dobbiamo ricostruire l’alleanza e aprirci a nuove aggregazioni, con una strategia lucida e ferma.
Innanzitutto: partire dai messaggi politici e programmatici. Dalla Conferenza indetta da Alleanza Nazionale per i primi di febbraio, non devono nascere documenti confusi ed intellettualistici come quello approvato dall’Esecutivo del Partito nell’estate dello scorso anno, al contrario dobbiamo lanciare messaggi chiari e forti da cui far partire campagne politiche in grado di penetrare profondamente nella società italiana.
Da questi messaggi e da queste campagne devono partire le nuove aggregazioni di Alleanza Nazionale, non per contraddire o sbiadire la nostra identità (lo abbiamo già fatto con l’elefantino e abbiamo visto i risultati…), ma per costruire attorno ad essa nuove alleanze sociali e nuove linee di comunicazione e partecipazione. Dobbiamo parlare ai corpi intermedi, alla società civile, alle associazioni, alle comunità, che chiedono partecipazione ed identità e che possono essere confederate attorno a noi.
Anche questo è un modo per superare gli attacchi dell’antipolitica e rigenerare la partecipazione attorno ai partiti.Contemporaneamente a questo processo di rilancio e di allargamento dell’area di Alleanza Nazionale, è necessario ricostruire l’alleanza di centrodestra. Insieme al nuovo partito di Berlusconi, ovviamente.
Ma non solo. Bisogna dialogare con tutti i soggetti politici e sociale che sono fino ad ora rimasti fuori dalla Casa delle Libertà: quelli più simili a noi vanno portati a destra, gli altri possono diventare nuovi alleati centristi. Moltiplichiamo gli interlocutori al Centro, allarghiamo i confini dell’alleanza, aggreghiamo pezzi importanti di società civile, per evitare di essere emarginati e di regalare spazi politici al Partito Democratico di Veltroni.
E’ evidente che qualsiasi idea di fusione tra la Destra e il Centro va assolutamente respinta. Come abbiamo archiviato il partito unico con Berlusconi, così non possiamo certo riproporlo insieme alla “cosa bianca” che forse nascerà attorno all’Udc. Una Destra più forte e più aperta, senza complessi di inferiorità, un centrodestra più ricco di interlocutori e di alleati, un grande rilancio di temi programmatici forti e concreti, questi devono essere i nostri obiettivi. Diventeranno anche gli obiettivi di tutti gli altri, compreso Silvio Berlusconi, perché in Italia non c’è spazio per il neo-centrismo, non c’è nessuna possibilità reale di emarginare An, a meno di non volersi consegnare a Walter Veltroni.Per questo non dobbiamo avere paura.
Non dobbiamo litigare con nessuno, se non con Prodi e Veltroni che rimangono i nostri unici e veri avversari. Ugualmente non dobbiamo genufletterci di fronte a nessuno, siamo molto più forti di quello che noi stessi pensiamo.
La costruzione del nuovo centrodestra è appena cominciata e in questa nuova realtà Alleanza Nazionale non sarà subalterna a nessuno.
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