martedì 11 dicembre 2007

Ora è meglio far cadere il Governo

di Piero Sansonetti - Direttore di "Liberazione" (sì, avete capito bene! "Liberazione", quotidiano di Rifondazione Comunista)

Sarebbe molto ragionevole, credo, se la sinistra facesse cadere questo governo. Per la semplice ragione che l’alleanza di centrosinistra si è dissolta e non esistono possibilità che si ricomponga. Perché si è dissolta? Credo per due motivi. Il primo riguarda i partiti e le loro burocrazie, il secondo riguarda i poteri veri (quelli che io chiamo i poteri veri, cioè principalmente la Confindustria). L’alleanza di centrosinistra, cioè l’Unione, era nata sulla base di un patto politico che aveva la sua forza nell’asse preferenziale tra i Ds e Rifondazione, cioè fra il partito più forte della sinistra riformista e il partito più forte della sinistra radicale. Su quest’asse era stato costruito un programma di governo, di mediazione, che prevedeva riforme forti e un visibile cambio di direzione (sui temi sociali, nel campo dell’economia, sulle grandi questioni relative ai diritti individuali, ai diritti civili, ai diritti collettivi) rispetto alle politiche del centrodestra.
Queste riforme non ci sono mai state. Perché? Innanzitutto perché l’asse Ds-Rifondazione (cioè l’anima dell’Unione) si è quasi subito disintegrata per via dello scioglimento dei Ds. I partiti hanno proprie storie, proprie biografie, hanno una identità; e queste storie, queste identità condizionano fortemente la loro linea politica e il loro ruolo sullo scenario nazionale. La scomparsa di un partito importante provoca terremoti.
La scomparsa dei Ds ha portato a un terremoto che ha ucciso il riformismo di sinistra. Quello tradizionale, antico, di Pietro Nenni, di Riccardo Lombardi, e poi di Bettino Craxi e alla fine di Massimo D’Alema e Giorgio Napolitano. La fine del riformismo di sinistra ha determinato lo scioglimento del patto con la sinistra radicale. E ha provocato anche la perdita dell’autonomia politica, prima del nuovo partito nato dalle ceneri di Ds e Margherita (il Pd), poi di tutta l’alleanza.
Il Pd, privo di autonomia politica, e per di più spinto al centro dal suo nuovo leader, Walter Veltroni, che punta a conquistare l’elettorato moderato, ha finito con l’accettare pienamente la subordinazione alla Confindustria, ai suoi interessi (e in parte al Vaticano) e in questo modo ha del tutto rovesciato quella che si chiama «la ragione sociale» dell’alleanza di centrosinistra.
Perché in queste condizioni l’alleanza dovrebbe sopravvivere? E qual è la forza politica in grado, con la sua iniziativa, di provocarne la fine e di condizionare questo atto, questo avvenimento, in modo da evitare che il crollo del centrosinistra travolga e annienti tutta la sinistra?
L’unica forza, nell’Unione, che mantiene ancora la sua autonomia politica e il suo profilo e la sua capacità di iniziativa è Rifondazione comunista: per questo, credo, il compito tocca a lei. E se non assolverà questo compito, le sarà difficile candidarsi alla costruzione e alla guida di un nuovo polo unitario della sinistra (quello che noi giornalisti chiamiamo la Cosa rossa).
Naturalmente è giusto distinguere tra problemi strategici e tattiche che riguardano la gestione delle questioni immediate. Quali sono i problemi immediati? L’approvazione della Legge finanziaria (che avverrà, immagino, prima di Natale) e poi la definizione di una nuova legge elettorale, che permetta a tutte le forze politiche di ricollocarsi. Ma chi ha detto che questa legge elettorale non possa essere approvata dal Parlamento, nei prossimi mesi, sotto la guida di un governo tecnico? A me sembrerebbe la soluzione migliore.
Fonte: Panorama.it

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